6. A un combattente

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Ho conosciuto Pietro Ingrao una mattina di più di dieci anni fa, nella sua casa romana. Ci fece accomodare su un divano e io o il mio amico gli consegnammo un documentario che avevamo appena finito di girare.
Questo documentario era un lavoro collettivo e quasi amatoriale che si chiamava Firenze in Movimento e che si concludeva proprio con Pietro Ingrao che diceva cose bellissime e piangeva commosso di fronte a una marea di ragazzi, adulti e vecchi che poi sarebbero diventati il grande corteo del social forum europeo.
Io di certo dovevo apparire impacciato e timido, e in effetti lo ero, al cospetto di un gigante che ammiravo molto. Ma Ingrao era invece curioso e quella mattina, tra le tante cose, ci domandò di dove venissimo, dei nostri interessi e delle nostre idee. A quel punto disse: “E le vostre famiglie come sono? Venite da famiglie, come dire, di ceppo rosso?”.
Come mi parve bella quell’espressione e quante volte, da allora, mi sarà tornata in mente.
A dire il vero mi pare bella tuttora; alla fine un ceppo rosso è un bel posto da cui nascere o crescere e spero solo che anche quelli che verranno fuori più o meno dallo stesso ceppo ne saranno contenti ugualmente, anche se i tempi intanto si saranno fatti più schifosi, o forse a maggior ragione se i tempi si saranno fatti più schifosi.
Dopo alcune settimane ci scrisse una lettera e in fondo diceva “Buon lavoro e tanti auguri alla vostra gioventù”. Ci mancheranno molto i combattenti come lui.